Padri della Chiesa e Maria

Padri della Chiesa – Dottori della Chiesa – Santi e Beati

I PRIMI PADRI DELLA CHIESA E MARIA

Nella Chiesa delle origini troviamo già una prima importante riflessione e testimonianza sulla figura di Maria e sul suo mistero. Siamo nel primo periodo patristico che va dal I secolo al Concilio di Nicea del 325.

I Padri sono coloro che hanno trasmesso il Vangelo con autorità: sono quasi tutti vescovi successori degli Apostoli tranne qualche scrittore, non vescovo, come san Girolamo. Essi sono riconosciuti tali per la santità di vita e per l’ortodossia della loro dottrina.

Tra i primi troviamo i cosiddetti “padri apostolici”, vissuti subito dopo il tempo degli Apostoli, tra i quali emergono per fama e autorità sant’Ignazio di Antiochia, san Giustino e sant’Ireneo di Lione.

Tutti e tre, riflettendo sull’Incarnazione del Verbo di Dio e sulla sua opera redentrice, incontrano Maria che sta al centro, proprio nel cuore del piano divino di salvezza. È Lei che, con la sua realtà storica, garantisce l’umanità e la divinità di Cristo. È Lei che con la sua fede e obbedienza diventa causa universale di salvezza.

Sant’Ignazio fu il terzo vescovo (il primo fu san Pietro) di Antiochia di Siria (ora in Turchia), dal 70 fino al suo martirio avvenuto a Roma nel 107.

Antiochia era una delle tre grandi città dell’impero, sede di un’importante comunità cristiana, godeva di grande prestigio tanto che il Concilio di Nicea parla di tre “primati”: quello della Chiesa di Roma ovviamente e poi quelli di Antiochia e di Alessandria.

Durante il viaggio verso Roma per «congiungersi con Gesù Cristo», Ignazio, come san Paolo, scrive alcune celebri lettere, sette, ad altrettante Chiese per sostenerle ed esortarle a rimanere fedeli alla tradizione apostolica. In esse troviamo dei brevi ma densi testi che riguardano Maria.

Agli Efesini scrive: «Uno solo è il medico umano e divino, generato e ingenito, carne fatto Dio, in morte vita vera, e da Maria e da Dio, prima passibile poi impassibile, Gesù Cristo, il Signore nostro» (Efesini, 7,2).

In questo breve passo sant’Ignazio contempla, per mezzo di antitesi, tutto il mistero di Cristo: le due nature, la generazione umana da Maria e quella divina da Dio Padre. Fattosi carne, Cristo con la sua morte è divenuto causa di vita vera per tutti.

Come tutti gli scrittori più antichi, egli insiste sulla vera carne assunta da Cristo, anche in opposizione alla dottrina dei “doceti” che ritenevano impossibile e disonorevole l’Incarnazione. È questo – scrive – un mistero che gli uomini stentano a credere, che gli stessi demoni hanno ignorato e che Dio ha decretato nel silenzio dei secoli.

«Infatti, il nostro Dio, Gesù il Cristo fu portato in seno da Maria secondo l’economia di Dio, da seme di David e da Spirito Santo; e nacque e fu battezzato, per purificare l’acqua con la sua passione. E rimase nascosta al principe di questo secolo la verginità di Maria e il suo parto, come pure la morte del Signore: tre clamorosi misteri, che furono compiuti nel silenzio di Dio» (Efesini, 18).

Questa è la fede di sant’Ignazio che lo porta a desiderare la configurazione al suo Dio fino al martirio chiedendo ai Romani: «Lasciate che io sia imitatore della Passione del mio Dio!».

Grande fede e ardente amore per il suo Signore e per tutta la Chiesa per la quale offre la sua vita.

San Giustino, filosofo e apologista, morì martire intorno al 165. È il più grande dei Padri apologisti i quali si proponevano di difendere il cristianesimo dalle accuse degli ebrei e dei pagani e nello stesso tempo cercavano di esporre i contenuti della fede in modo comprensibile ai contemporanei.

Giustino, che cercò a lungo la verità prima di trovarla nel cristianesimo. Sostiene che non solo l’Antico Testamento ma anche la filosofia greca poteva condurre a Cristo in quanto Egli è il Logos, il Verbo eterno, la Ragione intera.

Riguardo al tema mariano egli lo tratta sotto due aspetti: Maria Vergine Madre e Maria Nuova Eva.

Ricorrendo alle prefigurazioni e alle profezie dell’Antico Testamento il laico Giustino dimostra che la vergine di cui parla Isaia è la Vergine Maria e che l’Emmanuele è Cristo Salvatore.

Nel Dialogo con Trifone, mettendo a confronto la scena dell’Annunciazione e quella della caduta di Eva, scrive:

«… Si fece uomo dalla Vergine, affinché per quella stessa via per la quale – cagionata dal serpente – ebbe principio la disobbedienza, per la medesima via venisse similmente distrutta.

Eva infatti, essendo vergine e incorrotta, dopo aver concepito la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte. Invece Maria la Vergine, dopo aver accolto fede e gioia [cioè il lieto annuncio dell’arcangelo Gabriele accolto con fede][…] rispose: Mi avvenga secondo la tua parola» (Dialogo, 100, 4-6).

Due donne, due vergini – tale era Eva quando fu sedotta da satana – responsabili della storia umana: una portatrice di morte, l’altra di Vita.

Maria Angela S.