Spiritualità della voce

ALBERIONE
dalle sue meditazioni

Spiritualtà della voce. Don Alberione

Alle varie edizioni di scritti del Primo Maestro, molte delle quali – come è noto – nacquero dalla sua predicazione, si aggiunge questa raccolta curata nell’intento di riascoltarne la voce. Abbiamo attinto, in gran parte, dalle registrazioni effettuate durante il mese di esercizi spirituali dei Paolini (Ariccia, aprile 1960). Il criterio che ci ha guidati nella scelta dei testi, considerate le esigenze del « veicolo », è stato quello di dedurre da un’intera meditazione o conferenza i passi che erano stat i pronunciati con particolare forza, senza però alterare o forzare il discorso. Ne nasce così una raccolta viva che non possiamo catalogare tra le edizioni critiche, ma della cui autorevolezza non si può dubitare. Poiché la voce del Primo Maestro è viva e attinge largamente da Dio, ci auguriamo che essa continui a parlare alle generazioni che l’hanno conosciuto e alle generazioni che verranno.

Scelta dei passi, coordinazione, montaggio Lucia Righettini – Ignazia Bunuan
Introduzioni: Angelo Colacrai Casa Generalizia Pia Soc.S.Paolo Roma 1974

1° Cassette Lato A Spiritualità della voce

Qual è il valore di una voce? Se è Dio che parla, la parola ha un senso; se siamo noi che diciamo le
stesse cose di Dio, usiamo le sue stesse lettere, sillabe, le nostre parole significano diversamente.
Forse il valore di un suono si commisura con lo strumento che lo emette. Sicuramente la validità di
una parola si commisura con la grandezza, la santità di chi la pronuncia.
Giovanni gridava nel deserto e la sua voce penetrava come una fiammella in uomini incrostati dal
tempo, dalle preoccupazioni, dall’impegno di costruire una città duratura.
Voce di un profeta che sconvolge uomini pietrificati. La voce di Giacomo Alberione non è rimasta
chiusa con lui nella bara. La parola è viva, fattiva. La parola non è prigioniera della morte.
Essa penetra dentro di noi, gli eredi, e ricompone l’immagine di un uomo che ci si è fattopadre,
donandoci una famiglia, un nome. Un modo di vivere, di sentire, di interpretare il mondo, di
servire la Chiesa. La voce del padre richiama all’origine della vita, agli inizi.Se le sue parole entrano
in noi rischiamo di sentirci in colpa.
La parola crea un rapporto, trasmette un messaggio, crea intimità, un’unione tra chi parla e chi
ascolta. Nessuno può sentirsi addosso una coscienza serena se non sa ascoltare chi parla.
Disprezza, non stima. E non rifiuta una voce ma una persona, una comunione di vita. Le parole di
Giacomo Alberione, uno di noi ma il primo tra tutti noi, sono strapiene, api stracariche di nettare. Dure
anche, perché troppo solide per i nostri gusti fini. Non vuote, non di abbellimento. Ti cadono addosso
pesanti, come lo era la gloria di Dio per un ebreo.
Giacomo Alberione non aveva la preoccupazione di far divertire o di far sorridere o di non fare
annoiare. Voleva comunicare Dio.

Ci è preziosa la sua memoria: la voce di Giacomo e quella di
Cristo si fondono in un’unica lama di luce, la spada di Paolo, la voce di un profeta di oggi.

SPIRITUALITA’ PAOLINA

II senso del tempo. Dove hai dispersi i giorni che il Signore ti ha donato? Devi mirare al cento per
cento, non domani, ora e qui. Devi mirare alla santità.

« Ma dì un po’: quando hai detto al Signore il tuo si non vi era al fondo della tua anima il proposito
« Voglio esser santo »?
Ora quanti anni sono passati e a che punto della santificazione siamo arrivati? Ecco.
E allora non aspettiamo di più. Scappa via il tempo e irreparabilmente. Non si prende più. Non ritorna
la giornata di ieri.
Il giorno della raccolta che cosa servirebbe se la messe cadesse a terra perché non c’è chi la
raccolga?
Raccogliamo. Raccogliamo e miriamo al cento.
Santifichiamoci assieme. Mettiamo tutte le nostre intenzioni insieme. Che di noi che siamo qui
nessuno manchi all’appello alla fine, al giudizio di Dio. Nessuno. E che siamo proprio tra i primi
attorno a S. Paolo, a fargli la corona e ad essere il suo gaudio. Si. Che grazia ci ha dato il Signore!
Quando ho manifestato il pensiero: chiameremo l’istituto « San Paolo » è stata veramente una
soddisfazione per colui e per coloro a cui mi sono confidato. Oh, si!
Cosa manca in san Paolo? La sapienza? La santità? L’apostolato? Niente manca. Quella è una via
buona e va bene. E bisogna farlo rivivere oggi san Paolo, poiché egli, l’apostolo dei gentili, espanda la sua
grazia nell’Oriente e nell’Africa e in tutte quelle regioni in cui la luce del Vangelo è ancor penetrata poco.
Si. E d’altra parte porti tutti noi alla santità ».

Lo spirito paolino non è che lo spirito di Gesù Cristo travasato in san Paolo. Perdere la propria esistenza, nel tentativocoraggioso e costante di identificarla con quella di Cristo vivo oggi.

«Dobbiamo imitare san Paolo. San Paolo ha sempre meditato Gesù Cristo. Gesù Cristo lo ha
conquistato san Paolo; lo ha conquistato nell’interno e nella vita, così da diventare un cristiano
perfetto quanto è possibile e un apostolo perfetto, quanto è umanamente possibile. E non solo
umanamente, ma anche soprannaturalmente, secondo i doni che aveva ricevuto da Dio.
II pensiero di san Paolo è diventato tutto conforme a Gesù Cristo.
Bisogna considerare che noi siamo santi nella misura in cui viviamo in Cristo, quando Gesù Cristo
vive in noi.

San Paolo parla del mistero di Cristo una ventina di volte.
Se noi non imparassimo da san Paolo quel che è il centro del suo insegnamento, che è qui: il mistero
di Cristo, noi conosceremmo san Paolo superficialmente, magari conoscendo la vita e magari
sapendo fare l’esegesi delle sue lettere ».

Cristificarsi è il nostro programma unico, onnicomprensivo. Sempre lui, lui, lui, in tutto, in tutti.
E cristificare il mondo. Ma se non si è conche piene, si versa vento.


« Occorre proprio che noi arriviamo a vivere il mistero di Cristo: de plenitudine eius ricevere. E allora
mediante Gesù Cristo ci rivolgiamo al Padre e diciamo « Abba Pater ». Si.
I mistero di Cristo. In che cosa consiste? In tutta quella ventina dì volte in cui san Paolo parla di
questo ne parla sempre in relazione a noi, cioè alla Chiesa.
Occorre, in sostanza, che Egli come capo, caput Ecclesiae, faccia la funzione in noi della testa. E
cioè, che comandi alle membra, che diriga le membra perché Egli vive nella nostra testa coi suoi
pensieri, colla sua mente, colla sua dottrina.
Vive nel nostro cuore. Si. Noi abbiam d’avere la- sua mente e avere il suo cuore, il cuore di Gesù, e la
sua volontà. Allora Egli come capo comanda alle sue membra, le fa muovere.
Che ogni membro operi secondo le necessità, nelle condizioni in cui uno si trova, secondo che é il
volere dei Padre celeste. « Nessuno viene a me » se non con la grazia. Ma bisogna andare da lui per
arrivare al Padre. E’ il mezzo unico.
Quando diciamo Gesù Cristo Via, Verità e Vita, abbiamo ancora da sentire la ripetizione di questo nel
« per ipsum, et cum ipso et in ipso ». Che vuol dire? Per mezzo di Cristo tutto. E’ la via unica. « Ego
sum via ». Non ce n’è un’altra.
E dobbiamo, quindi, per mezzo di Cristo « omnis honor et gloria ». E’ in lui che diamo la gloria, che è
il fine ultimo, è il fine ultimo del creato e dell’uomo.
Ci sta poi il fine prossimo che è la nostra santificazione.
« Omnis honor et gloria » in Gesù Cristo. Non vi è altra via, altro passaggio, né per quei che son
vissuti nell’Antico Testamento, né per quelli che vivono nel Nuovo Testamento, né per noi,
Per mezzo di Lui e operando con Lui e in Lui. Allora glorificheremo la Trinità. Allora noi
realizziamo quello che stiamo sempre dicendo: Gesù Cristo è la Via e la Verità e la Vita.
Gesù Cristo poi è la nostra via con i suoi esempi santissimi, la sua santità personale.

Bisogna che noi consideriamo come è vissuto Gesù Cristo, seguendo lui, noi incontriamo i voleri
del Padre e incontriamo quindi* la felicità eterna poi ».

Prima bisogna essere, poi bisogna fare. Prima essere santi; poi predicare. Prima vivere in Dio, poi insegnare. Noi dobbiamo perdere la nostra testa, la nostra volontà, il nostro cuore: non c’è altra via, per portare al mondo Dio, che Cristo Via.

« Fare prima e poi, insegnare. Si. Essere proprio di buon esempio. E predicare c i ò che
abbiam fatto. Gesù ha predicato ciò che aveva fatto e cioè quello che portava la gloria al Padre,
quello che portava il bene alle anime. Si. Occorre che noi cambiamo proprio i pensieri e che Egli sia
la nostra testa, sia il nostro cuore, sia l a nostra volontà.
Quella é la via unica se vogliamo essere santi.
Si suggeriscono tante cose e uno si perfeziona in una parte, l’altro in un’altra. Ma non è un mezzo
questo della devozione a Gesù Cristo Via, Verità e Vita, come non è una delle devozioni. Non è un mezzo
ma già il fine perché tutte le altre pratiche sono ordinate a questo.
Centriamo tutto nel Cristo. Si. Non c’è altra via, ma quella è la via Occorre, se noi vogliamo essere perfetti,
che prendiamo la sua via, che passiamo dà quella via li. Bisogna che noi consideriamo la sua vita
innocentissima, santissima, poiché egli è redentore dal momento in cui il Verbo prese carne fino al
momento in cui rimise il suo spirito nelle mani del Padre.
Ora la nostra immolazione. L’immolazione di quel che è cattivo in noi. E si, sempre portando la,
mortificazione nel nostro corpo. Sì. Non quel che piace, ma quei che piace al Signore.
Le nostre opere fatte con Gesù Cristo. Non solo «per ipsum » ma anche « cum ipso ». Intensificare
l’unione con Gesù Cristo per compiere sempre meglio le nostre azioni con lui.
Bisogna, in sostanza, che il nostro pensiero e la nostra attività vengano a unirsi a Gesù Cristo; che
formiamo interiormente un solo pensiero e facciamo esteriormente un’attività conformata all’attività di Gesù Cristo. Perciò sempre più orientare !e anime verso Gesù Cristo. Cristificarsi. Cristificarsi.
Ecco quella preghiera: che io scompaia; che io sia assorbito da Cristo. Poi le altre parole. O Verbo eterno,
voglio passare la vita a sentirti, a nutrirmi di te; che io sia un prolungamento di te, un docilissimo tuo
membro.
Vi è un’unica meta per i veri santi, un’unica consegna: Vivit vero in me Christus. Siamo dei prolungamenti
di Gesù, di Gesù che ha trovato in noi dei docilissimi strumenti, docilissimi strumenti, e ci fa muovere e
dispone, ci chiama é ci fa passare per varie circostanze e per difficoltà, qualche volta anche per momenti
di consolazione. Sempre lui, lui, lui, lui, in tutto, in tutto.
Questa necessità di centrare la nostra devozione in lui é assoluta perché « Non est in olio aliquo salus ».
Non c’è salute fuori di lui.
Allora bisogna passare necessariamente da lui e avere quindi proprio i suoi pensieri. La nostra mente che
sia la sua, cioè, Egli con !a sua mente domini, guidi, illumini la nostra mente. E che noi abbiamo il suo
cuore rivolto al Padre, rivolto alle anime. E che noi abbiamo fa volontà di Mo, fa volontà de! Padre quale
l’ha fatta Gesù Cristo e come vuole che 9a facciamo, in maniera tale che lui viva davvero in noi.
Non solamente pensare «vivo con Cristo» ma sia proprio lui l’attore, l’attore, il vero regista. Egli tutto, in
tutto, sempre. Così.
Possiamo lasciar vivere Cristo in noi? Non !o cacciamo? Non lo dimentichiamo? Lo sentiamo che egli è in
noi e che é lui che ci fa parlare, che ci fa muovere, che ci fa agire, che ci fa tralasciare una cosa perché
non piace a luì o ce ne fa abbracciare un’altra perché piace a lui?
«Vivit vero in me Christus ». Che scompariamo. Ecco. E che viva tutto e solo e sempre lui perché questo è
il mistero dei Cristo: essere il capo noi le membra.
Come è bella allora la nostra devozione e come è più facile l’operare anche nei casi difficili e com’è più facile dominare i sensi, dominare le passioni e come orientarle tutte verso Dio. Allora noi siarmo come sopra il nostro essere umano, sentiamo di essere mossi da un Dio e che le nostre opere sono divine.
Divine perché il pensiero che le ha guidate è di Gesù Cristo, la mossa interiore, che è la mossa dell’amore, è di Gesù Cristo e la volontà che viene a determinarsi è di Gesù Cristo. Noi il prolungamento. Noi le membra.
Egli è il capo che comanda di muover la mano, di muover il piede e fare quest’azione, di andare, venire,
sentire, parlare secondo i casi. Egli che opera in noi. Che ci abbia talmente assorbiti che quasi non sentiamo più la natura Ma questo è un ideale. Tuttavia è il centro della divozione. Ed è la meta che i Paolini han da raggiungere ».

Se noi siamo figli di Dio in Gesù che è, figlio di Dio, siamo anche figli di una donna, Maria. A Cristo si arriva per via umana, acquistando i sentimenti di una madre per la quale donare la vita è fine della sua esistenza.

« Centrar la vita nostra in Gesù, ma la via è Maria. Occorre pensare che adesso, trattandosi della
formazìone dei Corpo mistico, Maria è più madre che non quando era madre di Gesù, per esprimerci
così.
Non perché verso di noi abbia una maternità naturale, no, ma perché son diventati tanti i suoi figlioli:
« Donna, ecco tuo figlio ». E perché Maria è più che mai la sposa dello Spirito santo per cui genera in
Gesù Cristo i figli di Dio. Si. Maternità dei Corpo mistico, la sposa dello Spirito santo nella sua azione
santificatrice delle anime.
Chi vuoi avere il frutto Gesù – benedetto il frutto del tuo seno, Gesù – bisogna che vada alla verga che
porta il fiore. Bisogna passare di lì. Ouesto è segnato dal Signore. E’ l’economia delia Divina
Provvidenza. E’ l’economia della redenzione. E’ l’economia della santificazione. Un piano di economia
divina, redentrice e santificatrice. E il piano è così. E in cielo se Gesù è fonte della grazia che lo
Spirito santo comunica, Maria è la mediatrice e distributrice della grazia. E quindi è più madre ora,
diciamo. Madre dei Corpo mistico che lei ha cominciato a portare sulle sue braccia da quando Gesù
le ha detto: « Donna, ecco tuo figlio ».
Maria è madre di tutti. Madre è stata di Gesù, madre è rispetto a noi perché siamo le membra dei
Corpo mistico di cui Gesù è il capo.
E quindi abbiamo da essere formati da Maria. Bisogna che il Cristo viva in noi, ma è di Maria questo
Cristo che ha da vivere in noi. E come Maria ha accompagnato Gesù nella redenzione completa
dell’umanità, così ne I l’applicazione completa della redenzione.
Gesù Cristo è redentore completo in quanto è Via, Verità e Vita. Ed ecco che se noi abbiamo da
ottener questo, che Gesù Cristo viva in noi, Via, Verità e Vita, per Maria, questa è la via.
Questa via ha quattro qualità: passare per Maria per avere Gesù, per vivere Gesù, per ottener che
Gesù viva in noi. E’ via facile, breve, più perfetta, più sicura. E’ facile pregar Maria. Si. Ed è via breve
perché se siamo soli dovrem pregare tanto. Eh si! E se invece siamo con Maria la nostra preghiera
viene più facilmente esaudita ed esaudita più completamente.
E poi si otterrà più perfettamente che Gesù Cristo viva in noi. Del resto quella è la missione di Maria,
quindi è più sicura questa via perché Maria è destinata a quest’ufficio. E lo fa bene in Paradiso il suo
ufficio, Maria. Lo ha fatto bene sulla terra! ».

II santo segue soprattutto la morale dell’amore. E I’amore è creativo, rischia tutto e sempre.
Allora, lavorare con Dio!

« Il cuore di Gesù, il cuore di Maria, il cuore di san Paolo.
Amare tanto! Fare le cose con grande amore e generosità.
Poi in tutte le opere nostre lavorare con Dio, non star soli. Sento che Dio mi è vicino; sento che mi
illumina. Egli è la mia luce e la mia forza e la mia guida, il mio amore.
Lavorare con Dio. L’amministrazione va meglio; la redazione va meglio; la scuola va meglio; la vita
religiosa va meglio. Si celebrano funzioni meglio e poi anche le ricreazioni stesse son producenti, son
conclusive. Si. Lavorare con Dio.
1° Cassette Lato B

APOSTOLATO – PREGHIERA
L’apostolo dà Dio, spezza la sua Parola. Ma allora il dovere fondamentale di un apostolo è rimanere in ascolto di Dio.
La conoscenza della Bibbia è la sua preparazione specifica. Altrimenti diamo parole nostre e non di Dio. E le nostre Valgono poco, anche se sono religiose.
«La Bibbia è tutta pastorale. E’ l’invito di Dio agli uomini: venite al Paradiso. La strada è segnata lì.
Bisogna considerarlo il libro divino, particolarmente per noi il modello dell’apostolato, il libro per
eccellenza.
Vi è nella Bibbia quel complesso di verità, di insegnamenti che noi dobbiamo dare. Dobbiam dare le
stesse cose. E il modo con cui si devono dare queste cose è segnato; il modo cioè adatto a tutte te
condizioni di persone. E poi sapere che col culto alla Bibbia impareremo a scrivere pastoralmente e
avremo le benedizioni sopra il nostro apostolato. Del resto si sa bene che il Signore ha adattato
questo libro all’uomo; che Egli conosce l’uomo in quanto lo ha fatto. E conosce tutte le aspirazioni
dell’uomo e tutti i pericoli che ci sono. Quindi, quello è il libro ».

La nostra penitenza è il dovere quotidiano. E’ un comando per tutti. E consiste nel consumare le forze é il tempo per Dio e per il prossimo.

« Nelle nostre Costituzioni, si era detto, che non si erano aggiunte penitenze particolari. E allora
avevo spiegato: ma noi metteremo in pratica la penitenza fondamentale, quella che ha dato Dio
all’umanità e l’applichiamo ai religiosi. « Mangerai il pane col sudore della tua fronte ». Penitenza che
divenne un comando, per tutti.
Consumare le forze e il tempo per Dio, per le anime. Questa, è la penitenza stabile. Sempre la
mortificazione nel vostro corpo. Quando poi uno fa l’apostolato con sincerità, con dedizione, quella è
una grande penitenza, è la penitenza data da Dio. Quindi siamo in regola. Ma farla!
Riempire il cuore di fervore. Prima cosa, assicurarsi le anime che preghino. Seconda cosa, riempire il
cuore nostro di fervore.
Poi, in terzo luogo, portare un cuore semplice, santo e mani innocenti nell’apostolato».

Che penserà il Signore di te, di me, il giorno del giudizio? Che nessuno abbia a dire: aspettavamo da voi più luce.

Noi dobbiam pensare questo, che Gesù Cristo giudicherà secondo verità; che Gesù Cristo premierà
secondo il merito; che Gesù Cristo tiene in conto tutto quel che si opera per le anime e per lui.
Tutto sarà rivelato. Lo sforzo apostolico che facciamo sarà ben manifesto. Si. E sarà manifesto anche
se noi non avessimo poi allora da alzare la fronte davanti a Dio e davanti all’umanità.
Che nessuno abbia da dire: aspettavamo da voi più luce.Voi eravate chiamati per questo. Ma che tutti
abbiano da elevare un inno di riconoscenza.
In quel giorno sarà una gloria grande per chi lavora bene, per chi esercita bene il suo ministero. Si vedranno
tutti gli sforzi dell’apostolato, e redazione e tecnica e divulgazione. Tutti si vedranno.E saranno tutti a gloria. E tutti i lettori e tutti gli spettatori delle nostre buone pellicole e tutti coloro che udiranno buone parole alla radio, eccetera, tutti saran riconoscenti».

Organizzarsi, aiutaisi a vicenda, collaborare. Le organizzazioni hanno una grande forza; rafforzarsi l’unione.

« Ci troviamo con tanti mezzi nuovi di lavoro apostolico. Vi sono tante anime che sono veramente di
Dio. E vi sono tanti fiori anche alle volte fra le macerie. Ma bisogna riconoscere che i nemici della
Chiesa sono forti. Allora che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo pensare che occorre organizzarsi e
aiutarsi vicendevolmente. Si. Occorre che noi sappiamo valerci di questo grande mezzo che è l’organizzazione, ma nello stesso tempo, intanto, adoperare i mezzi nostri, i mezzi che Dio ci ha dati.
Quanta gente va in Chiesa a sentire la parola del parroco? a sentire !a parola viva? Questi leggono
dei giornali cattolici? delle riviste cattoliche?
Ora, occorre adoperare i mezzi che sono adattati al tempo.
Bisogna che portiamo la parola là dove entra invece la parola contraria alla nostra fede, contraria alla
Chiesa.
Questo mezzo potente è appunto il mezzo delle edizioni. Dio ci ha dato questo mezzo: l’edizione ».

« Noi abbiamo da dare una grande importanza alle organizzaioni.
Eh, si. Organizzare il bene. Le organizzazioni han grande forza. E ognuno può essere un santo, ma da
solo è un fuscello. Ma se invece di un fuscello si legano tanti rami assieme allora diviene una forza.
Ognuno ormai ai nostri tempi, da solo, si lascia mangiare.
Bisogna sempre tener presente: rafforzarsi con l’unione; rafforzarsi con l’unione. Questo vale e per la
stampa come per il cinema; vale per tutte te forze cattoliche possiamo dire, specialmente le forze del
laicato cattolico ».

Ci vuole qualcuno che indichi le cose da fare, che trasmetta lo spirito Paolino. Senza paura, senza stupore di fronte alle difficoltà, nel nome di Dio: la nostra forza è nel Signore.

« La Famiglia Paolina deve poco a poco estendendosi e arrivando a tutte le parti, tutti gli strati della
società, formarsi come una lega di preghiera, un esercito orante e nello stesso tempo un esercito
apostolico… Porgere la mano. Indicare la via. Dare lo spirito paolino. E poi indicare qualche cosa da
fare, ove spendere le loro forze invece che perdersi alle volte in cose futili ».
« Nessun stupore di incontrare difficoltà. E quello che è lo sbaglio è di arrendersi al mondo o nella vita
o nell’apostolato. Abbiamo un nemico formidabile da combattere e quindi occorrono le armi. Ma le
armi non sono quelle « carnalia ». Bisogna pensare al gigante Golia che sfidava gli Israeliti. Ma se
non si trovava nessuno che osasse presentarsi al singolare combattimento? Affrontarlo? Ecco Davide
il quale aveva il suo cuore conforme a Dio e viveva nella sua semplicità, nel suo spirito di fede. E
allora, ecco, non prende le armi che gli dava Saulle. E allora si armò con la sua fionda e con cinque
pietre del torrente e andò ad affrontare il gigante. E il gigante parlava con parole di disprezzo verso di
lui: «darò la tua carne agli uccelli dell’aria, agli avvoltoi dell’aria ».

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