Maria Negretto dall’Africa

Annunciazione Africana

“Il Signore quando destina un’anima allo stato particolare di consacrazione a Lui e di apostolato, prepara quest’anima dal momento della creazione”. “Voi dovete inoltre esercitare la povertà lavorando. Il lavoro è esercizio di povertà. La povertà non vuole solo il distacco, ma vuole la produzione”. “Mirare al massimo. Fate rendere la vostra vita al massimo”    ”     Beato Alberione

Maria scrive al Delegato  dell’Istituto Maria Santissima Annunziata.

Primi mesi e prima lettera di Maria scritta dalla missione al Delegato dell’Istituto, che era Don Gabriele Amorth a quei tempi. (da una Circolare IMSA ,  Gennaio 1970)

DALL’AFRICA

Sono lieto di pubblicare questa lettera di Maria Negretto, che è la prima del nostro Istituto partita come missionaria laica. Dopo aver completato il corso per Infermiera Professionale e Caposala, ha passato quasi un anno a Lione per prepararsi alla nuova missione. Il suo indirizzo è: Maria Negretto, Pouponniére B.P. 11, DSCHANG (Cameroun – Africa). Conto Corrente Postale: 34.042.947 – intestato a Maria Negretto, Pouponniére S.C.B., Cameroun (Africa).

Re.mo  Don Amorth

son già quasi due mesi che sono in Africa. Son contenta del passo fatto e vorrei che altre mi seguissero. In questo momento l’Africa, e in modo particolare il Cameroun, ha bisogno di essere sostenuto dal lato della fede. Oggi occorrono molti sacerdoti e laici ben preparati per sostenere quel cristianesimo che in pochi anni qui ha avuto un’evoluzione grandissima. I Sacerdoti sono pochi; laici ce n’è, ma’ penso che se con loro ci fossero e Annunziatine e Gabrielini con una formazione un po’  più alta, il Cameroun prenderebbe un altro volto. In questo periodo iniziale mi è impossibile parlarle e presentarle i misteri dell’Africa, perché l’Africa è veramente un mistero. Ci vorrebbe un lungo discorso per descrivere ciò che avviene qua. La fede cristiana è ricevuta da questa gente con molta spontaneità, ed è attraverso loro che ho l’impressione che la presentazione del Vangelo nei nostri paesi occidentali sia troppo complicata. A mio umile avviso è impossibile che il Signore, venuto per salvare gli uomini, non abbia dato al Vangelo un volto semplice. Molti mi hanno domandato, e lei stesso Don Amorth, il perché io abbandoni l’Italia, la mia zona romagnola dove non poche sono le lacune in fatto di religione, dove mi dite avrei potuto fare molto. In fondo è proprio questa crisi religiosa che stiamo vivendo nel mondo occidentale ora, che mi spinge ad annunciare il Vangelo nella sua semplicità ai semplici e ho capito che il Signore vuole da me atti e non parole. Sì, è venuto il tempo di passare dalle parole alle azioni. Non vorrei pensasse che ho preso simile decisione

pensando soltanto all’Africa; lo faccio per il maggior bene della Chiesa. La fede è soprattutto una testimonianza di vita e coloro che non riescono a capire le parole forse saranno scossi dalle opere. I giovani oggi amano la sincerità, l’autenticità. Ebbene io e chi è qua come me (sono molti, specie francesi) li invito ad impegnarsi sulle strade spoglie della fede e a rispondere alla chiamata di Dio con una dedizione di povertà assoluta. Il bicchiere d’acqua dato gratuitamente è ancora oggi la prova più convincente dell’esistenza  di un Dio che si nasconde dietro il volto di un povero.

Risponda su ciò che penso e mi dica se sbaglio a consigliarle di parlarne alle Annunziatine. Per me sentire il problema è fare realmente qualcosa per il terzo mondo, è sottolineare il Concilio che ha richiamato tutti noi a vivere e a manifestare al mondo più intimamente lo spirito di Cristo. E’ risponde­re ad una vocazione; e il partire è un gesto che si pone in una logica di fede e di vita. Se il Vangelo deve essere annunciato a tutti gli uomini, esso si rivolge dapprima agli umili, ai poveri di spirito e di cuore, verso cui il Signore ha sempre manifestato una particolare sollecitudine. Non so se sbaglio, ma vorrei che molte Annunziatine, le chiamate a questo (perché se non c’è una vera vocazione non ci si resta qua!) venissero… La messe è grandissima e ripeto l’Africa è un continente che accoglie con tanta bene­volenza coloro che vogliono consacrarsi al benessere dei suoi abitanti.

Sono partita con l’idea di due anni d’esperienza; oggi son al punto di dire: rimango. Lei non può immaginare quanto è grande il lavoro che si può fare qua, in tutti i sensi. Questa gente così semplice e così serena, è povera; povera materialmente, spiritualmente, moralmente. Si trova in un periodo, di transizione, vuole lasciare le vecchie tradizioni e copiare dall’Europeo. Quel che vede e che sente lo prende; non arriva a giudicare ciò che è bene o meno bene nell’Europeo. Ha bisogno di essere  tenuta per mano e tende la mano.

A Dschang, siamo sette ragazze con un lavoro immenso; troppo. Ci chiamano dappertutto: alla missíone un prete solo ha bisogno; il catechismo nelle scuole è da fare, e son molte; c’è un’infinità di bambini e chiamano noi. Ci son molti cattolici, che si sentono cattolici e sono maestri e professori, ma non son preparati; lo sentono e lo dicono. Il Vescovo vorrebbe che l’aiutassimo andando nei dintorni almeno una volta alla settimana, nell’abrusse dove c’è gente che ancora vive nuda e non conosce la moneta, per portare una nota d’igiene, di soccorso, di civiltà, una parola su Cristo. Noi qua abbiamo una pouponniére con 150 bambini dai 0 ai 3 anni, orfani di mamma (come saprà, qua un bimbo non può sopravvivere senza latte materno), bimbi che dobbiamo assistere, nutrire, vestire, lavare senza luce e con poca acqua rossa da filtrare o bollire per qualsiasi servizio. Abbiamo un dispensario tutti i giorni gremito… Quanta gente ammalata! Le cause si san­no: non c’è per niente igiene, c’è malnutrizione, umidità elevatissima. Ora io ed un’altra infermiera svizzera abbiamo iniziato il P.M.I. cioè in sintesi: 1) seguire le mamme gravide; 2) vaccinazione; 3) seguire l’ultimo nato che hanno, il quale è allo svezzamento; ed è lì che si ammala per mancanza di una adeguata nutrizione; 4) fare corsi alle mamme stesse sul come utilizzare i prodotti del posto per nutrire i piccoli. Ne muoiono tanti e vedesse in che condizioni! E la donna stessa a che livello è ancora tenuta! Sono quasi tutte instupidite; tante non osano o non sanno parlare. Hanno figli in continuazione e lavorano. Siccome la donna è portatrice di vita, tutto deve fare: casa, costruzione, mantenimento, piantagione, figli. Regna la poligamia. Cerchiamo di dare anche corsi di taglio, cucito,  economia domestica ecc, c’è tanto lavoro! Mi sorprende la mia resistenza fisica, coi cibi che ci sono, – e la grande serenità che ho. E il coraggio: in campo medico debbo fare e faccio cose che non avrei mai sognato di fare. Sento e tocco con mano l’assistenza del Signore. Più di una volta, su queste strade pessime, sono scivolata nel fosso e

son rimasta in panne in mezzo all’abrusse sola; anche qualche notte ho passato chiusa dentra la macchina, attendendo la luce del sole per arrangiarmi  ad aggiustare la macchina. Finora sono sempre riuscita, sono diventata già meccanico specializzato; paura… non c’è tempo per pensarci; raffreddori o malanni, dopo ore con acqua ai piedi e alla testa, mai. E’ una zona umidissima e siamo ancora nella stagione delle piogge… L’équipe in cui vivo, sette ragazze, va benissimo, mi circondano ragazze in gamba e molto disponibili. La disponibilità e la pazienza sono le virtù principali per amare questa gente e fare qualcosa per loro. Vedo già che ciò che io posso fare qua, è niente in confronto a ciò che ricevo da questa gente… Vedesse la serenità che regna; è gente libera nel vero senso della parola; molte pagine del Vangelo, incomprensibili per noi occidentali, per loro sono normali. Vedono e son vicini a Dio molto più di noi. Non esistono né egoismo, né invidia; non esistono le piccinerie a cui noi ci leghiamo. Vedo che posso dar qualcosa, ma ricevo molto di più. Non nego una certa generosità anche in noi italiani; i bimbi e noi viviamo solo con ciò che la provvidenza ci manda e molto riceviamo da chi ha seguito la nostra partenza.

Ciascuna di noi prima di partire ha cercato di sensibilizzare al problema, gruppi che s’impegnano periodicamente ad inviare soldi, latte in polvere per i piccoli, medicinali per il dispensario, vestiario, materiale come filtri, siringhe, ferri, garze ecc. Io ho cercato di sensibilizzare l’ospedale di Rimini che risponde abbastanza e la mia parrocchia. Penso e ne son certa che il gesto mio e il contatto che tengo, serva molto e smuova la gente che mi conosce e che la stessa sensibilizzazione ai problemi che sto io vivendo e che sentono e vedono coi mezzi di comunicazione, faccia alla gente della mia zona, più che se fossi rimasta in mezzo a loro (scusi come scrivo, lo faccio sempre di notte e carica di sonno). Mi veda serena e contenta. Le pratiche di pietà le faccio come posso… Ho la fortuna di avere la Messa domenicale, una preghiera comunitaria tutte le sere in équipe. Occasioni di apostolato, carità, povertà, obbedienza al dovere e al Vescovo, di esercitare o conservare la castità, non mi mancano: è la vita normale di ogni giorno, di ogni momento. Non c’è tempo per se stessi; le esigenze di chi mi circonda sono tante! Ho dovuto cedere più volte anche la mia misera cameretta (una rete ed una sedia) per casi urgenti di moribondi che avevano fatto sulle spalle di vicini chilometri e chilometri per chiedere a me o Alle altre infermiere che son con me, una diagnosi e terapia. Son contenta e molto debbo dal lato professionale all’ospedale di Rimini, e molto debbo dal lato forza morale e spirituale alla mia famiglia, alle Figlie di S. Paolo, a lei, all’Istituto. Dietro i miei sbagli, le umiliazioni di un tempo passato… vedo la provvidenza e son contenta. In fondo ho sempre cercato  di fare la Sua volontà.

MARIA NEGRETTO ( altro su Maria Missionaria ) Famiglia Cristiana